All’origine (A. Monferini)

(In Sandro Sanna – Roberto Almagno “La luce oscura della materia” – catalogo Primamusa, Museo Carlo Bilotti, Roma 2012).

Alle pendici del Gianicolo, in quella parte di Roma che si appoggia alla sponda destra del Tevere, tra giardini, ville secentesche, antichi conventi e case   popolari, quella parte di città che alle spalle della Farnesina e di Palazzo Corsini ospita famiglie di carcerieri e di carcerati ormai affezionati ad un paesaggio rubato durante gli anni attraverso le sbarre e  diventato parte di se stessi, in questo  angolo magico di città che ricorda le famose vedute dechirichiane di una Roma inventata eppure verissima, all’interno di un giardino nascosto da un muro che sale verso il colle si nasconde lo studio di Sanna. Un luogo appartato, silenzioso, essenziale dove l’artista coltiva la sua immaginazione e ritrova la spinta  per spiccare il volo incontro al suo universo.

Era già da qualche tempo che mancavo dal suo studio- pensatoio e appena messo piede nell’atelier, sin dall’ingresso resto profondamente colpita da una smisurata superficie  quadrata giocata su neri di diversa intensità e su tracce  argentee che guizzano velocissime come improvvisi lampi di luce. La grande tela che occupa per intero la parete di fronte per  chi entra, incombe sull’osservatore sovrastandolo. Per la forte emozione resto muta e a poco a poco ritrovo la mia voce. E’ una struttura elegante e complessa che sembra ruotare lentamente su se stessa. Suggerisce  l’idea di un flusso,  uno scorrere lento con il ritmo cadenzato da un tempo di battuta , come un suono in

sottofondo, come un fruscio  di forme trascinate da una corrente calamitante che inesorabile le muove.  E’ uno spazio imbrigliato in un reticolo di quadrati, forme archetipiche, che assumono posizioni diverse intrecciandosi a una rete di segni luminosi. Le forme si aggregano le une alle altre in un moto continuo e nella loro rotazione assumono posizioni diverse, le più lontane sono neri intensi, se più vicine sono neri opachi e pastosi, quando si rovesciano mostrano il lato o anche solo uno spigolo luminoso, rivolto alla luce.

La poetica di Sanna via via che il tempo passa  e il suo lavoro assume connotati sempre più precisi e puntuali ribadisce una volta di più la finalità  etica e conoscitiva della sua poetica . Sin  dall’origine, come dimostrano i suoi primi lavori, l’artista si pone interrogativi esistenziali e profondi sulla oscura natura delle cose. Il suo rovello è la ricerca, ma non della verità scientifica, bensì  la ricerca di un vocabolario di forme in grado di comunicare questa animazione universale. Le sue austere scenografie riproducono questo lento, inesorabile movimento di piani  che si attraggono, si aggregano, si sfaldano  nello spazio universale .  L’essenza del movimento resta il  leitmotiv della sua metodica ricerca. Negli anni, tutto il suo lavoro mostra una stringente  coerenza. La sua ricerca è dar vita a un glossario di forme che meglio si attagli a questa idea cosmica, a questo misterioso moto nello spazio e nella luce che nel loro alternarsi, configurano uno “spazio pulsante”, (Calvesi), in cui i piani arretrando e avanzando, si sgranano nella loro corsa verso la luce.

Quello di Sanna, come abbiamo già osservato altre volte è un universo di forze magnetiche, un universo percorso da correnti che tracciano scie, vibrazioni   che muovono la materia attraendola e aggregandola in varie forme .

Del resto il magnetismo è stato nella storia dell’umanità uno dei misteri più affascinanti e più indagati. Ne sono stati affascinati i greci e poi i romani quando scoprirono le proprietà di attrazione di alcuni materiali.  Sino alle soglie della scienza moderna questi fenomeni sono stati al centro dell’osservazione e delle indagini  da parte di fisici e scienziati.

Questa realtà enigmatica  ha acceso la fantasia di Sanna che ne ha  dato formulazioni di grande suggestione  poetica e immaginifica. Sin dai primi Geodi degli anni Settanta ai Flussi d’acqua , al polline mosso dal vento cosmico di Bisanzio dove i corpuscoli colpiti dalla luce che inonda l’universo comunicano una animazione colorata e perennemente accesa  come la vita dell’universo, in modi diversi l’artista cerca passo dopo passo risposte formali che diano corpo ai suoi interrogativi esistenziali .

Questa ostinazione a ripercorrere, anche se in modi diversi temi che nella sempre nuova ed estrosa varietà delle singole formulazioni puntano allo stesso nodo centrale, che a noi sembra, con queste ultime prove aver raggiunto la pienezza e la  maturità di uno stile . Una ineguagliabile eleganza, una leggerezza e una tenuta formale davvero degna di nota .

 

 

Augusta Monferini